lunedì 9 novembre 2015

La mia introduzione a "Ali e radici" di Giuseppe Fragale (Ed. Thule)

Ciò che contraddistingue la famiglia Fragale è certamente la volontà, il sacrificio, ma sopratutto l'arte del saper fare e del saper resistere.
Cinquant'anni di cammino incessante, lungo un sentiero in cui i facili tratti in discesa si alternati in quelle difficili risalite che hanno certamente donato soddisfazioni e gioie ma richiesto altrettanto impegno e affanno.
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sabato 24 ottobre 2015

Maria Patrizia Allotta, "Nel buio aspettando l’alba, speranza che non muore" (Ed. Limina Mentis)

di Marcello Falletti di Villafalletto

L’Autore non vuole tracciare una biografìa, alquanto inopportuna, del noto personaggio palermitano, ampia­mente conosciuto non solamente nel circostanziato spazio isolano; altrettan­to a livello nazionale ed europeo, ma riassumere alcuni aspetti del suo pensiero e del coerente operare che lo hanno da sempre contrad­distinto. Certamente non si potrà neanche condensare in poche pa­gine l’intensa poliedrica attività di un personaggio, come Tommaso Romano, che ha ancora tanto da dare, fare e proporre.
A riguardo, la curatrice, nel Proemio, “Tommaso Romano: la scrittura della vita” scrive: «Trovare le parole esatte per definire e ben rappresentare l’unicità di una qualsivoglia creatura è già compito delicato e difficile. Se si desidera poi cogliere l’essenza e catturare la sostanza di un uomo dalle forme volubili, riluttante ad ogni pri­gionia, ribelle a qualsiasi classificazione, sempre in divenire anche se fortemente ancorato alla sua radicale coerenza, allora l’opera diviene ancora più complessa». Già: “eterogenea, articolata” potrebbero esse­re definizioni sostanzialmente riduttive e costrittive per la multifor­me attività che diviene fondamentalmente vitale per l’impegno che Tommaso prosegue, persegue e continua a sviluppare con indomita energia, quasi adolescenziale. Dove altri si arresterebbero, lui ripren­de, prosegue, saldamente ancorato, verso un futuro che sembra aver sempre più bisogno di energie di questo tipo: come le sue.
«Volere, inoltre, riassumere le qualità esistenziali attraverso con­sueti termini, soliti aggettivi e luoghi comuni di chi, per natura, consueto, solito e comune non lo è affatto, l’impresa diventa laboriosa - prosegue l’Allotta -. In tal senso, allora, raccontare Tommaso Romano, facile certamente non è.
La prima difficoltà nasce dalla scelta delle parole per restitui­re un ritratto che ben lo rappresenti. Infatti, utilizzando un lessico semplice e ordinario si potrebbe mortificare la complessa formazione culturale, il suo ampio sapere e le sue astruse conoscenze; di contro, l’adozione di un linguaggio altisonante sminuirebbe certamente la sua innata semplicità e naturalezza, spesso però mascherata -inspie­gabilmente - da un atteggiamento altezzoso e schivo, in taluni casi arrogante e superbo, alieno, comunque, da ogni volgarità, banale esteriorità e mondanità.
La seconda difficoltà è data, invece, da un ostacolo sicuramente più insidioso: sintetizzare chiaramente il suo operato considerando il dove, il quando e il perché della sua “contemplattività”.
Ecco allora che ogni etichettatura non rende, ogni classificazione appare impropria, ogni recinto vincolante; così come le stesse coor­dinate spazio-temporali non reggono data la simultaneità plurima del suo agire.
Ricapitolare, dunque, il profilo sinuoso di Tommaso Romano, che si esprime a cascata, per cicli e in diverse direzioni, ma soprattut­to, ricostruire la foga e l’impeto del suo fare, la volontà di realizzare, la capacità di progettare e la passione per il contemplare, lievemente smarrisce».
Riassumere in poche pagine un percorso di vita, per quanto avanzato, tutto ancora in divenire, non sarebbe facile, tanto meno delinearlo con semplici e mortificanti parole. Quindi, ha fatto otti­mamente Maria Patrizia Allotta, a presentare questi orientamenti di speranza, che non possono morire mai, dai quali emerge l’anima, più profonda dell’uomo, del poeta, dello scrittore, del critico, saggista, bibliografo, storico, politico e altro ancora che esorta: “Viviamo nella e per la Verità”. Facendo di questo assunto un programma esisten­ziale, eternamente durevole; tanto da farsi universalmente pedagogo non solamente di pensiero ma di vita stessa; vivendola intensamen­te, profondamente, attivamente come ha da sempre fatto Tommaso Romano. E oggi, più che mai, la sua sollecitazione a certi uomini di potere, comando, amministrazione, organizzazione, dovrebbe diven­tare monito nella mente, programma del cuore, affinché realmente quella “politica che ha bisogno dell’anima”, diventi espressione in­cessante di più elevate considerazioni: quelle che scaturiscono chia­ramente dall’insegnamento evangelico e cristiano.
Fin dal primo capitolo: L’essenzialità della parola viva, delinea, energicamente un percorso vitale che ripercorre quel “mosaicosmo”, (personale suo neologismo), presentandocelo: unico e irripetibile che attraversa un’intera esperienza umana che possiamo, dovendolo riscoprire, non solamente irripetibile ma cosmologico nella sua in­controvertibile unicità.
Argomenti filosofici, pensieri pedagogici, maturati in queirin­tima contemplazione che ardiscono verso un’attività sinergicamen­te produttiva, ben articolata, tanto da poter essere presentati come mimési che diventa via via esegesi di un’escatologia tanto necessaria all’umanità, che oggi ne ha smarrito il vero e autentico significato.
«Occorre riscoprire il legame vero, quella “consanguineità” col Mistero - scrive Tommaso Romano, verso la fine del settimo capitolo (Dalla morte di Dio al Dio vivo) - quell’amicizia che non tradisce e che vigilando ci libera, quel magistero che risiede nel prezioso dono dei sacramenti e dei comandamenti. Vivere Cristo è il più alto degli atti e degli esempi cui lo sforzo della nostra vita può tendere»; non più mera filosofia ma elevata teologia che proietta ad una elevata co­noscenza, verso la quale dovrebbe, deve tendere ogni essere umano. Ciò significa vivere “nella e per la Verità”, cominciando da quaggiù quel percorso, a volte scabroso, difficile, per proseguirvi, da ora in poi, eternamente.

da: “L’Eracliano”, Scandicci n°7-9, 2015

giovedì 10 settembre 2015

Spiritualita’ & Letteratura tutti i numeri in rete e l’elenco dei Collaboratori dal 1986 al 2015

Spiritualita’ & Letteratura la rivista fondata nel 1986 da Giulio Palumbo, Pietro Mirabile e Tommaso Romano, e ora da questo diretta come collana-aperiodica dalla Fondazione Thule Cultura – www.edizionithule.it – e in rete fino al numero 85. È un importante risultato documentario che offriamo ai lettori e che si deve alla abnegazione della Ns. redazione con un grazie particolare a Giovanni Azzaretto e che mostra l’importanza di questa impresa culturale. Il blog dove leggere tutti i numeri è www.spiritualitaeletteratura.blogspot.it Sullo stesso sito verranno inseriti periodicamente i nuovi numeri della Collana di Spiritualità & Letteratura, con i numeri monografici e i tradizionali fascicoli con testi e poesie, che verranno stampati per chi ne farà richiesta afondazionethulecultura@gmail.com
Spiritualita’ & Letteratura ha pubblicato testi di : Rosa Giovanna Abbenante, Nino Agnello, Gonzalo Alvarez Garcia, Vanessa Ambrosecchio, Franca Alaimo, Concetta Alesi, Nicola Amabile, Giovanni Amodio, Mario Ancona, Brandisio Andolfi, Elio Andriuoli, Sandro Angelucci, Lina Angioletti, J.K. Annand, Maria Adele Anselmo, Giuseppe Anziano, Ignazio Apolloni, Anna Maria Arace D’Amaro, Gianna Ardizzone, Gaetano Arnò, Francesco Aronadio, Marcella Artusio Raspo, Riccardo Ascoli, Giacinto Auriti, Fernando Bàez, Luca Balducci, Umberto Balistreri, Giuseppe Bagnasco, Ferdinando Banchini, Giorgio Barberi Squarotti, Anna Barbieri Repetti, Rosa Barbieri, Nino Barraco, Renzo Barsacchi, Divo Barsotti, Maria Gloria Bellatti, Silvio Bellezza, Luis Benitez, Rosa Berti Sabbietti, Mariella Bettarini, Maurizio Massimo Bianco, Alberta Bigagli, David Black, Francesco Bonanni di Ocre, Andrea Bonanno, Giovanni Bonanno, Enrica Bonazzi Canepa, Vincenzo Bondì, Anna Maria Bonfiglio, Neuro Bonifazi, Enrico Bonino, Virginia Bonura, Enzo Bonventre, Giuseppe Borghi, Ferruccio Brugnaro, Giuseppe Antonio Brunelli, Pierfranco Bruni, Domenico Bruno, Francesco Bruno, Gesualdo Bufalino, Salvatore Burrafato, Franco Calabrese, Salvatore Calleri, Franca Calzavacca, Francesco Camerini, Duccia Camiciotti, Marcello Camilucci, Angela Campagna, Franco Campegiani, Francesco Maria Cannella, Mariolina Cannila, Giovanni Cappuzzo, Tychon Capri, Domenico Cara, Pino Caracausi, Marina Caracciolo, Antonio Carano, Franco Cardini, Aldo Carpineti, Giuseppe Carruba, Pio Carruba, Salvatore Carta, Mariella Caruso, Gian Cristoforo Casa, Roland Catalano, Maria Clara Cataldi, Maria Giovanna Cataudella, Enzo Cavaricci, Guido Cecchi, Elena Celso Chetoni, Rossella Cerniglia, Emeterio Cerro, El-Mehdi Chaibeddera, Walter Chiappelli, Giovanni Chiellino, Francesco Civiletti, Pietro Civitareale, Dimas Coello, Pascol Colletti, Adalberto Coltelluccio, Enzo Concordi, Felice Conti, Antonio Coppola, Carmelo Maria Cortese, Vittoria Corti, Massimo Costa, Sarino Armando Costa, Lucia Gloria Costanza, Paul Courget, Crisafulli Vincenzo, Giovanni Cristini, Chantal Cros, Maurizio Cucchi, Orazio Cusumano, Sabino D’Acunto, Giovanni D’Aloe, Eusebio Dalì, Fabio Dainotti, Silvia Dai Prà, Gabriele De Giorgi, Irene De Laude Curto, Amalia De Luca, Liana De Luca, Antonio De Marco, Domenico Defelice, Silvano Demarchi, Maria Pia De Martino, Mario Dentone, Antonino De Rosalia, Gigi Dessi, Rosaria Di Donato, Enrica Di Giorgi Lombardo, Elisabetta Di Iaconi, Maria Di Lorenzo, Salvatore Di Marco, Lino Di Stefano, Ninnj Di Stefano Busà, Giovanni Dino, Giuseppe Dino, Arturo Donati, Placido D’Orto, Desmond Egan, Rita Elia, Vittoriano Esposito, Adalpina Fabra Bignardelli, Patrizia Fanelli, Teresa Fardella, Sara Favarò, Cristina Fei, Ada Felugo, David Fernandez, Piero Ferrari, Giampiero Finocchiaro, Elio Fiore, Fernando Fabio Fiorese Furtrado, Carla Fiorino, Maria Teresa Folliero, Silvana Folliero, Bruno Forte, Giovanna Fozzer, Raffaele Francesca, Melo Freni, Andrew Frisardi, Carmelo Fucarino, Robin Fulton, Giuseppe Fumia, Giovanni Battista Gandolfo, Agostino Gandolfi, Maria Antonina Console Ganguzza, Elmys Garcia Rodriguez, Eraldo Garello, Rosario Mario Gazzelli, Brunero Gennai, Aldo Gerbino, “Getsemani” Gruppo – Palermo, Ubaldo Giacomucci, Rino Giacone, Pino Giacopelli, Renata Gianbene, Daniele Giancane, Anna Maria Giancarli, Francesco Paolo Giannilivigni, Franca Giannola, Antonino Giardina, Giuseppe Giardina, Giovanni Gigliozzi, Gianni Giorgianni, Fabio Girardello, Graziano Giudetti, Elio Giunta, Filippo Giunta, Francesco Alberto Giunta, Duncan Glen, Giuseppe Gorlani, Rodolfo Gordini, Francesco Grisi, Sandro Gros Pietro, Francesca Guajana, Pino Guarino, Emilio Guaschino, Margherita Guidacci, Pasquale Hamel, Lance Henson, Federico Hòefer, Gianni Ianuale, Anna Maria Ingria, Ennio Innocenti, Alfio Inserra, Gianfranco Jacobellis, Ernst Jùnger, Mitsuko Kawai, Richard Kell, Mariolina La Monica, Felice Lammardo, Franco Lanza, Liliano Lanzi, Serena Lao, Saverio La Paglia, Giuseppe La Russa, Giacinta Latino, Carmelo Lauretta, Maria Grazia Lenisa, Flavia Lepre, Salvatore Li Bassi, Enzo Li Mandri, Licia Liotta, Alejandrina Ketty Lis, Maria Teresa Liuzzo, Lidia Esther Lobaiza de Rivera, Stefano Lo Cicero, Franco Loi, Rosario Lo Verne, Galileo Lombardi, Piero Longo, Lemus Virgilio Lòpez, Sandra Lucarelli, Luciano Luisi, Giuseppina Luongo Bartolini, Daniele Lupo, Francesca Luzzio, Giuseppe Macchiarella, Alessio Maestri, Pasquale Maffeo, Dante Maffia, Leo Magnino, Valerio Magrelli, Luigi Maniscalco Basile, Carmine Manzi, Gian Ruggero Manzoni, Riccardo Marchi, Giovanna Markus, Biagia Marniti, Antonio Martorana, Grazia Marzulli, Rosalba Masone Beltrame, Michele Massiglia, Antonio Mastropaolo, Giovanni Matta, Vito Mauro, Siro Mazza, Renzo Mazzone, Miguel Oscar Menassa, Assunta Maria Menchinelli, Vittorio Messeri, Carmelo Mezzasalma, Guido Miano, Michele Miano, Maria Elena Mignosi Picone, Elena Milesi, Pietro Mirabile, Ester Monachino, Adriana Mondo, Vincenzo Monforte, Antonella Montalbano, Valeria Montaruli, Giovanni Monti, Pierino Montini, Franco Morandi, Massimo Morasso, Tommaso Moro, Nino Muccioli, Emanuele Muscolino, Maria Musotto, Renato Nale, Elisabetta Nascè, Maria Pina Natale, Walter Nesti, Adriana Notte, Pippo Oddo, Giancarlo Oli, Rossano Onano, Salvatore Orilia, Elisa Orsez Grillone, Padre Pio da Pietrelcina, Giuseppe Pace, Guido Pagliarino, Egle Palazzolo, Giulio Palumbo, Virginia Palumbo, Gaetano Pampallona, Roberto Panasini, Rina Pandolfo, Silvano Panunzio, Ernesto Papandrea, Salvatore Pappalardo, Gilberto Paraschiva, Pierre Pascal, Giuseppe Passamonte, Gisella Pasarelli, Domenico Passantino, Roberto Pazzi, Mike Peirano, Rosalba Pelle, Peppino Pellegrino, Guglielmo Peralta, Teresinka Pereira, Leicecy Pereira Darneles, Adriano Peritore, Raffaele Perrotta, Claudio Pestarino, Giuseppe Petralia, Luigi Picchi, Rosaria Picone, Renato Pigliacampo, Antonio, Piromalli, Carmelo Pirrera, Maria Antonietta Pirrotta, Juna Rosa Pita, Benito Juan Luis Pla, Giorgio Poli, Adrian Popescu, Hugh Probyn, Davide Puccini, Sergio Quinzio, Lionello Rabatti, Paolo Ragni, Aurora Ranieri, Antonino Rapisarda, Anna Repetti Barbieri, Aurelio Repetti, Gianni Rescigno, Rolando Revagliatti, Renzo Ricchi, Lina Riccobene, Rosaria Ines Riccobene, Franca Righi, Rolando Rivagliati, Elisa Roccazzella, Italo Rocco, Tilde Rocco, Elmys Rodriguez Garcia, Gianfranco Romagnoli, Giovanni Romano, Maria Caterina Romano, Nicola Romano, Tommaso Romano, Gabriele Romeo, Massimiliano Rosito, Christina Rossetti, Salvatore Rossi, Vincenzo Rossi, Giuseppe Rovella, Paolo Ruffilli, Peter Russell, Antonino Russo, Vincenzo Russo, Anna Maria Saccà, Giovanni Sacco, Pietro Sacco, Itala Sacco Giglio, Sebastiano Saglimbeni, Antonino Sala, Marcello Salemi, Giovanni Salerno, Gaetano Salveti, Ida Salvo, Lara Sanjakdar, Giorgio Santangelo, Mario Santoro, Benito Sarda, Michele Sarrica, Marco Scalabrino, Giacinto Arturo Scaltriti, Adriana Scarpa, Veniero Scarselli, Emanuele Schembari, Luis Schnitann, Giuseppe Maria Sciacca, Giovanna Sciacchitano, Elvira Sciurba, Lorenzo Sena, Emilio Servadio, Giovanni Sevans, Curro Sevilla, Silvestro Silvestri, Piera Simeoni Scialanca, Mario Sciortino, Fininzia Scivittaro, Biagio Scrimizzi, Marcello Scurria, Francesca Simonetti, Susanna Soiffer, Antonio Spagnuolo, Santino Spartà, Ciro Spataro, Maria Luisa Spaziani, William Stafford, Arina Takashi, Luigi Tallarico, Orazio Tanelli, Emilio Paolo Taormina, Liliana Tedeschi, Massimiliano Testa, Selim Tietto, Francis Tiso, Teresa Titomalnlio, Patrizia Tocci, Francesco Saverio Tolone, Pino Tona, Gianluca Torti, Pino Tosca, Elide Triolo, Gilda Trisolini, Tryggve Edmond, Luca Tumminello, Domenico Turco, Fabio Tutrone, Mario Varesi, Alberto Varvaro, Turi Vasile, Piero Vassallo, Francesca Vella, Anna Ventura, Giusi Verbaro, Raymond Vettese, Vittorio Vettori, Pio Vigo, Stefano Vilardo, Gloria Weber, Simon Weil, Peter Paul Wiplinger, Carlos Chacòn Zaldivar, Lucio Zaniboni, Jose Alain Zegarra, Lucio Zinna, C. G. Zonghi Spontini, Carlos Arànguiz Zùniga.

martedì 8 settembre 2015

Recensioni al mio volume di poesia "Anima all'alba" edito da Thule

Nel giorno del mio onomastico le Edizioni Thule hanno voluto mettere in rete nel blog www.thulelibri.blogspot.it tutte le recensioni fino ad ora pubblicate sulla mia raccolta Anima all'alba. E' un bel regalo e per questo nel ringraziare la mia casa editrice, ringrazia al contempo di cuore i miei illustri recensori che hanno voluto leggere e commentare la mia opera prima di poesia.

mercoledì 5 agosto 2015

Vincenzo Arnone, "Papini... Un uomo infinito" (ed. Messagero)

Di Maria Patrizia Allotta

L’età dei grandi furori\ Come lo scrittor sia giun­to a ritrovar Cristo; Papini postumo. Così si inti­tolano i tre capitoli che uniti insieme, in perfetta armonia, danno vita al saggio Papini un uomo... infinito, dove l’autore Vincenzo Arnone, consegna ad ogni suo possibile lettore non semplicemente la storia ma piuttosto l’esistenza di quel “rospo pen­soso e scontroso” mai stato bambino che col tra­scorrere degli anni diventa vecchio “gigante quasi sconfitto, Sansone privo di forza”. Una voce bassa ma sicura, un tono garbato ma incisivo, una fre­quenza lenta ma ben ritmata, uno stile franco e autentico, accompagnano tutte le pagine di questo libro che costantemente odora di un corpo trasu­dato, turbato, strapazzato, ma al contempo profu­ma di un’ anima inquieta e tormentata, indipenden­te e libera. Un corpo mortificato da altri corpi attra­verso attacchi, critiche, battaglie culturali, giudizi severi; un’anima, eletta da un’altra Anima, che si conforta attraverso la ricerca incessante della veri­tà e la contemplazione dell’Assoluto. Un corpo “finito” che vive in situazioni umane dettate da un tempo inquietato anche dalla guerra e da uno spazio ridotto e circoscritto; un’anima “infinita”, immersa in un mondo profondamente intimo che non conosce confini di nessun genere.
Un corpo con una mente ben strutturata; un’anima con un alito scarcerato. Carne forse straziata, spirito sicuramente eterno. Sono corpo e anima, carne e spi­rito, mente e pensiero, finito e infinito di Giovanni Papini, che Vincenzo Arnone, non aprioristicamente condizionato, analizza con fare scrupoloso e con atteg­giamento paterno, che diviene ora severo ora amoroso, nei confronti di quel figlio di cui molto vuole raccon­tare: dal 1881 al 1956, dalla invissuta fanciullezza alla malata vecchiaia, dalla prima formazione alla lettura dei grandi maestri, dall’adesione al Futurismo al perio­do delle riviste all’era delle grandi opere. E poi, dalle preziose amicizie esaltanti che lo portarono a ritrovar Cristo e una nova vita agli inchiodanti nemici che lo accompagnarono fino alla morte, dal “bordeggiare sull’acque agitate del mare buio” all’apparire “di qual­che luce” fino all’approdo e all’ “abbraccio di tutte le tensioni verso l’Alto e l’Infinito”. E sembra dispiacer­si l’autore quando racconta la nota stroncatura, l’esa­gerata spavalderia, l’ingiustificata arroganza, la folle presunzione, il fare profetico e lo stile radicale e aggressivo del protagonista del suo testo; ma si com­piace, invece, quando narra la salda cultura, la cono­scenza sconfinata, l’entusiasmante audacia e volontà, la perenne forza e l’indiscutibile dignità dell’eroe del suo lavoro. Quella di Vincenzo Arnone non è dunque una generica biografia che mette insieme date ed even­ti, fatti e notizie, non è la somma di vicende e vicissi­tudini di un uomo colto, laico e poi pure cattolico di nome Papini. Ma è di più. È anche, forse soprattutto, l’insegnamento di come un pensatore può diventare “aquila che insegna come si può fissare il fulgore d’id­dio senza restare accecati e come si può dar la scalata al cielo sull’ali della contemplazione”; e ancora, di come un intellettuale può divenire “un maestro di dot­trine volte al miglioramento degli spiriti, un suscitato­re di quelle passioni più alte che sole possono contra­stare e affievolire se non spegnere quell’ altre passioni più comuni, che portano al basso”; e infine che “la vita è gioia e l’infelicità dell’uomo consiste proprio in questo: nella sua incapacità di accorgersi di quanto potrebbe essere felice”se solo riuscisse a convincersi che “soprattutto l’impossibile è credibile.” Papini forse è maestro quasi dimenticato, ma quella sua è sicuramente lezione eterna e per questo infinita. E Vincenzo Arnone tutto questo lo sa e lo racconta.

da:"Spiritualità & Letteratura", anno XX n° 58, maggio-agosto 2006

venerdì 10 luglio 2015

Riproduco lo stemma conferitomi dalla Commissione Studi Araldici e Genealogici dell'ASCU - Accademia Siciliana di Cultura Umanistica, lo scorso 2014. Lo scudo araldico è simbolicamente molto efficace e ben mi rappresenta. Un mio ringraziamento per lo studio sui simboli e i colori all'amico Antonino Sala. il mio stemma figura fra gli altri fino ad ora concessi nel nuovo blog www.tradizionedifamiglie.blogspot.it , che vi invito a seguire.

giovedì 9 luglio 2015

Nel buio aspettando l’alba, speranza che non muore schegge dal mosaicosmo di Tommaso Romano

di Gianfranco Romagnoli

Questo agile volumetto, che esce per le edizioni Limina Mentis nella collana Fede e Ragione in concomitanza con il sessantesimo compleanno di Tommaso Romano, si propone di illustrare la figura e il pensiero di questo importante Autore, ben noto non soltanto nei circoli intellettuali di Palermo, ma altresì a livello nazionale ed internazionale.
Nel suo Proemio la curatrice, sua collega ed amica, non si nasconde la difficoltà di fornire un compiuto ritratto di una personalità tanto complessa ed in continua evoluzione: tuttavia, attraverso una “carrellata” sulla sua vita, le sue tantissime opere ed i suoi vasti e molteplici interessi, riesce a dare un’idea abbastanza precisa di uno studioso che è, al tempo stesso, filosofo, poeta, narratore, editore, ricco di incontri e relazioni di amicizia con i più importanti personaggi della cultura mondiale contemporanea e che presenta tanti altri aspetti, che sarebbe arduo e riduttivo tentare di definire.
Ne emerge il ritratto di un intellettuale a tutto tondo, una figura che definirei “uomo del Rinascimento” per la molteplicità degli interessi e dei suoi campi d’azione; ma soprattutto, come pure la stessa Allotta sottolinea, la figura di un Maestro, non soltanto per avere svolto, con continuità a tutt’oggi ininterrotta, un’alta opera educativa e formativa della gioventù, ma anche (e specialmente, a mio avviso) per avere raccolto intorno a sé e alle sue iniziative, come in una scuola filosofica, tanti ingegni che si riconoscono nelle linee portanti del suo pensiero, volto a coltivare con assoluta coerenza, mantenuta anche negli incarichi politici ricoperti in passato, la ricerca del Vero, del Bello e del Bene quali frutti dello Spirito e personale contributo a quel “mosaicosmo” da lui teorizzato, al cui disegno complessivo concorrono con uguale necessità, ciascuno mediante la propria “tessera” , tutti gli esseri umani.
A questo punto, la parola passa direttamente a Tommaso Romano attraverso gli scritti, racchiusi nel simbolico numero di sette capitoli, che dalla sua vastissima opera la curatrice ha enucleato come rappresentativi del suo pensiero: “schegge” che trattano, rispettivamente, l’essenzialità della parola viva; la teoretica come altezza cosmica; la gnoseologia come integrità dell’esserci; l’etica in tempo di crisi; la pedagogia come formazione dell’uomo integrale; l’estetica come etica; per culminare nel finale capitolo “dalla morte di Dio al Dio vivo”.
Un adeguato commento a ciascuno di queste “schegge” richiederebbe molto tempo e spazio: mi limiterò pertanto, pur avvertendo in pieno la riduttività della mia scelta, a richiamare alcuni punti, “schegge di schegge”, che mi hanno particolarmente colpito.
In una prima parte (capitoli da 1 a 3), svolta su un piano squisitamente teoretico, la Parola è definita epifania del Sacro, mezzo di redenzione, speranza, profezia: in particolare, la parola poetica è versus, ritorno al Divino, sortilegio e mito, base di tutte le arti e, attraverso esse, veicolo di accesso alla verità. Poi, la frase «L’Origine crea l’Inizio, successivamente, l’Inizio crea gli enti, gli enti divengono. Dal caos al Kosmos», riecheggiante temi neoplatonici pur nella originalità della successiva elaborazione, attenta al rapporto con l’Altrove e l’Attimo e sfociante nella costruzione del concetto diMosaicosmo, formato da tante tessere e sintesi simbolica delle vite degli uomini, che «si perpetuerà come rinnovamento dell’umano e come perennità dell’anima».
La gnoseologia, infine, intesa come costruzione filosofica chimerica sì, ma necessaria, anzi indispensabile, legata alla percezione e che disquisisce sull’Eterno, ma da non assolutizzare in sistemi che esaltino il passato o lo condannino decontestualizzandolo.
In una seconda parte (capitoli 4 e 5) il filosofo scende sul piano dell’agire umano, denunciando la crisi di valori dei nostri tempi che ha generato il corrente pensiero unico, mascherato di falso buonismo, di «umanitarismo senza humanitas» e di ipocrita egualitarismo, sottolineando, contro il pericolo di omologazione e marginalizzazione, la necessità di assumere un atteggiamento attivo verso se stessi quale «condizione di dignitosa sopravvivenza, uno spazio di ammutinamento dove far convergere le poche individualità disponibili per non lasciarsi stritolare da un dominante pensiero planetario dell’indistinto, del conformismo, del banale misto a volgarità»: ciò si realizza nutrendosi di «conoscenza fisica e oltrefisica», aiutandosi con letteratura, filosofia, fede, logica, recuperando l’autentica Tradizione e riscoprendo il senso del Sacro. Una tale impostazione trova il suo naturale sviluppo nelle considerazioni che il nostro Autore svolge sulla pedagogia, tutte puntate sulla missione del Maestro di formare nel giovane l’uomo integrale, educandolo alla libertà, alla scoperta dello “stile” e del “gusto”; riflessioni che si confrontano, in senso fortemente critico, con l’attuale stato di totale crisi della scuola, indotta, dal cedimento al progressismo degli slogan, a scelte spesso orientate a un «discutibilissimo “specialismo” che elimina l’orizzonte della totalità»,.facendone non più un luogo di cultura, ma «una burocrazia di funzioni affidate senza selezione, a singoli organismi pletorici e inconsistenti, dagli effetti spesso perniciosi, che producono intralcio e perdita di tempo, sottratto allo studio e all’apprendimento».
Con il sesto capitolo, dedicato all’estetica come etica, il Nostro torna alla riflessione teoretica e nel richiamare l’endiadi platonica Bellazza-Virtù, pur affermando l’impossibilità di enunciare un sistema estetico e, quindi etico, asserisce che «al di là di ogni declino epocale si può, solo se si vuole, accarezzare il Bene e la Bellezza anche aspirando alla Grazia, all’intervento della Provvidenza e alla Redenzione». Il bene è la partecipazione al Sacro e il suo rifiuto ne è l’antitesi. Va respinto il delirio di onnipotenza: l’uomo non è Dio, ma pellegrino errante; va valorizzata l’amicizia come affinità, che è Armonia. Occorre tenere conto del pluralismo dei valori nel mondo, ma mai rinnegare la propria coerente visione.
La riflessione teoretica di Tommaso Romano culmina ad altezza divina nell’ultimo capitolo in cui egli, premesso che «Dio c’è senza bisogno delle nostre credenze», individua nell’uomo la scintilla dell’Eterno e vi rintraccia il Ritorno al punto di Partenza. Il Figlio di Dio fatto uomo e da noi crocifisso, è il portatore della vera Pace, che non è «il risultato di iniziative o trattative umane, ma piuttosto … fiducia e fede nella Tradizione … messaggio non da proclamare come ideale ma … realtà giù donata da Lui e in Lui». Contro le distorsioni nel proporre la figura di Cristo come pacifista e il Suo insegnamento secondo una «ciarliera, incoerente e sincretistica nuova teologia», è «la nostra quotidianità che deve riscattare la morte di Dio, ovvero riscattare dal pensiero negativo, dal nichilismo, quella Luce che sola può illuminare l’umano transito verso la Patria Celeste».Vivere Cristo impegna totalmente l’uomo, liberandolo: il Regno è la salvezza dell’uomo

lunedì 6 luglio 2015

La seduzione della trascendenza nella poesia di Maria Patrizia Allotta

di Antonio Martorana

Nella sua formulazione binomia (anima-alba), dalla forte pregnanza allusiva, il titolo della bella silloge Anima all’alba di Maria Patrizia Allotta (Palermo, Thule, 2012) ci predispone ad una “poetica trascendentale”, vista la centralità del rapporto tra un “io” sollecitato dalla pressante aspirazione all’Assoluto ed il senso metafisico del mondo.
   Toccare il tasto del ruolo tematizzante del titolo, e quindi immergersi nel magico cromatismo del risveglio aurorale della foto di copertina, significa trovarsi già sulla soglia di un microcosmo da esplorare.
   Vogliamo precisare che usiamo il termine soglia nell’accezione proposta da Gérard Genette, per indicare l’ “insieme eteroclito”di produzioni, verbali e non verbali (titolo, copertina, dedica, epigrafe, prefazione, postfazione, fotografie, illustrazioni varie, scelte tipografiche e lo stesso nome della casa editrice) che danno al libro consistenza materica come presenza nel mondo e come prodotto di consumo.
   L’elenco di cui sopra, circoscrive così l’area della paratestualità, inerente la relazione tra il testo e i “segnali accessori, autografi o allografi,  che producono al testo un contorno (variabile) e a volte un commento ufficiale o ufficioso (…) e che è indubbiamente uno dei luoghi privilegiati della dimensione pragmatica dell’opera, vale a dire della sua azione sul lettore” (G. Genette, Palimpsestes,Senil, Paris, 1982, p. 9). 
   Nella postfazione al libro di Genette Soglie. I dintorni del testo (Einaudi, Torino 1987), da lei tradotto in italiano, Camilla Maria Cederna definisce la paratestualità come “frangia del testo che esiste solo in virtù di una decisione metodologica; area di transizione o meglio di transazione tra il dentro e il fuori, soglia o, per citare ancora un’altra metafora, chiusa tra la realtà socio-storica del lettore e quella relativamente immutabile e ideale del testo” (Soglie, cit. p. 407).
  Il paratesto è, per la Cederna, “il luogo privilegiato dell’istanza autoriale”, poiché è proprio in esso che l’autore, a livello diretto o indiretto, “manifesta la propria autorità nei confronti del testo e della sua interpretazione”.
   Ciò premesso, non abbiamo esitazione nell’affermare che esperire un approccio metodologico di tipo genettiano al libro di Maria Patrizia Allotta vuol dire focalizzare tutto lo spettro della significatività dei vari elementi paratestuali a disposizione, a cominciare dalla stessa veste tipografica, che chiama in causa le responsabilità ideative e realizzative della casa editoriale.
   Nel caso specifico, l’eleganza dell’ “abito” indossato dal testo e confezionato da Thule per la collana “Il quaderno di Munari”, inaugurata dalla silloge Dittici e altro di Nino Aquila, è pur esso espressione di un “commento autoriale”, facendo presupporre una legittimazione dell’Autrice nell’intento pragmatico e strategico “di far meglio accogliere il testo e di sviluppare una lettura più pertinente” (Soglia, cit. p. 4).
  Ritornando adesso alla foto di copertina, appalesante una innegabile correlazione tra il suo linguaggio iconico e gli enunciati verbali del testo, riconosciamo che la sua “quiddità” ha valenza di commento e implica la “responsabilità dell’autore” (Soglie, cit. p. 4009).
   Ancor più tale responsabilità aumenta se si tiene conto, nel caso specifico, che tutte le foto del testo, compresa la copertina, sono state scattate dalla stessa Allotta, come omaggio al padre, apprezzato maestro-fotografo.
   Sono scorci paesaggistici di rara suggestione. Qui è come se la parola, nella sua possibilità di dissolvimento, spegnesse il proprio suono, per palpitare attonita nell’incantato silenzio del creato, teatro di un ritrovato equilibrio nel rapporto uomo-natura.
   Passando alla Prefazione, altro elemento paratestuale che Borges considera il “vestibolo” dell’opera, vediamo come Nino Aquila colga una nota fondamentale del testo: la sua “spiritualità intensa”.
   Ma è grazie al denso intervento postfativo di Tommaso Romano che il lettore può penetrare nel “sentire profondo” della silloge. Egli ravvisa nell’orfismo di Maria Patrizia Allotta una weltanschauung, ma tale motivo meriterebbe un approfondimento in altra sede, poiché si entra nel terreno di quella “trascendenza testuale”, relativa al gioco delle relazioni di un testo con altri testi, che Genette definisce trantestualità(Soglia, cit. p. 412).
   Romano sottolinea la presenza in quei versi di una componente onirica caratterizzata da una “consustanzialità” alla vita, definendo il sogno come “il terzo occhio del cuore che false prospettive e illusioni allontana in nome di una inesausta ricerca di armonia e bellezza”.
   Arde in quella poesia un “fuoco di sacralità … come tributo all’Infinito”.
   E è il termine “fuoco” del citato passo romaniano a farci balenare nella mente l’espressione “cuore di fuoco, spirito di luce”, usata da Giovanni Papini a proposito di quell’ “operoso guerriero di Cristo” che fu Pietro Mignosi. Per questo “ingegno in moto perpetuo, il cervello più vivo che fosse in Sicilia fra il ‘15 e ‘37”, come a sua volta lo definisce Guglielmo lo Curzio (Scrittori siciliani, Novecento, Palermo, 1989, p. 148), la poesia è “quella essenzialità espressiva che dice il dicibile senza girarvi attorno e senza gonfiar la voce”.
   Alla luce di una cristallina affinità elettiva, sotto il profilo della consapevolezza della missione affidata al poeta e della scelta di una cifra stilistica dalla spoglia essenzialità, riteniamo che la frase papiniana “cuore di fuoco, spirito di luce” ben si adatti anche all’ardore del temperamento creativo della poetessa palermitana.
   La silloge Anima all’alba vede la luce in un momento storico segnato dalla pervasività della comunicazione tecnologica, che minaccia di inaridire la trasmissione della parola, sempre più incapace di creare dialogo, sempre più affossata nelle sabbie mobili di una virtualità anonima.
Tale deriva è il risultato di una gigantesca operazione di espropriazione dell’autonomia, portata avanti dall’industria culturale della società capitalistica, rea, per Adorno e Horkheimer, di avere “perfidamente realizzato l’uomo come essere generico”, a tal punto che l’individuo “è assolutamente sostituibile, il puro nulla” (T. W. Adorno – M. Horkheimer, Dialettica dell'illuminismo, Torino, Einaudi, 1976, p. 161).
A fronte di tale scenario desolante si comprende il senso della sfida lanciata da una poesia rivelatrice di una trascendenza tenuta occultata dalla realtà fenomenica, e testimonianza di quelle “indelebili verità” che “sulla terra accadono senza luogo / senza perché”, di cui parla Mario Luzi in L’immensità dell’attimo (vv. 10-11). 
   Ponendosi in questa linea di tendenza, Maria Patrizia Allotta continua la tradizione orfica della nostra lirica, orientandola verso una prospettiva teologica di essenzialità dalla contingenza all’ “essere”.
   La sua silloge è un racconto autobiografico di un’anima che, ribaltando una gnome esistenzialistica sull’essenza spirituale dell’Universo, si attesta su posizioni di difesa del patrimonio valoriale attinto alla tradizione.
   La nota commotiva del risalire a questa come viatico del nostro cammino può cogliersi ne L’immensità di esistere:
Ai confini tra cielo e terra
scorge luminoso sole,
bagliore azzurrato marino,
in alto nuvole profughe.
Adesso vento stillato
non elimina e porta via
meglio,
inspiegabilmente
conduce
elementi essenziali del vivere.

Aria profumata ora
etere
spazio illimitato.

Respiro profondissimo
ricolma il reale del tempo andato
ma nella Tradizione si intravede il futuro

alito sconfinato
riporta destino dettato dal Cosmo
in esclusiva bellezza del vero

sospiro intimo
riconduce all’unicità
non del nascere
ma dell’essere.

Immensità d’esistere.

   Il bisogno dello spirito di trovare un definitivo approdo salvifico nello “splendore/del Verbo del Signore” permea la poesia Salmo 130:
Come in antico salmo
di pellegrino errante
 anche il nostro odierno canto
supplica l’Eterno

 s’innalza dai luoghi più profondi
la voce disperata
che prega ascolto
per esser consolata

si sente nel buio un grido di dolore
che implora 
al gran Mistero soltanto Amore

s’invoca, con mestizia,
l’atteso perdono
per far dell’unica esistenza
un grande dono


e si chiede con ardore
giustizia, benevolenza,onore

poi, lentamente
sopita ogni rabbia e
accettato ogni destino
lo spirito si placa
  certo dell’aiuto del Divino

e come guardia d’Israele aspetta
 il chiarore mattutino
così ciascun anima vagante
attende lo splendore
del Verbo del Signore.

La pregnanza simbolica del materiale lessicale utilizzato tesa a recuperare una parola assoluta e originaria, scaturisce da un’esistenza profonda di rifondazione verbale del mondo su base platonico-cristiana.
   La “ricerca veritativa” della poetessa palermitana, come la definisce Tommaso Romano, culmina alla fine nel momento epifanico dell’incontro con il Maestro:

Prima

nel tempo mattutino
il reale unito al contingente
dona quell’incessante sbandamento
che sradica e logora
mortifica
e a volte svilisce

poi
in abbandono

nel buio dell’universo notturno 
 rivive la magia dell’Oltre
scende l’impalpabile serenità dell’Infinito
si coglie la Bellezza cosmica
la santità del Sacro,
l’irraggiungibile Verità
nella ricerca incessante di quel
“senso del senso che è già Senso”.

E nelle preghiere confidenze
poi per esserci si ringrazia sempre.

 Suggerisce così il Maestro e
  l’nima all’alba
rinasce.
    I lessemi ricorrenti (Infinito, Bellezza, Sacro, Oltre, Verità, Amore, Divino) sono lame di luce che fendono l’opacità di questo nostro mondo, dove l’uomo, per usare le parole di Georg Simmel, viene “ridotto a una quantità negligeable, ad un granellodisabbia di fronte ad un’organizzazione immensa di cose e di forze che gli sottraggono tutti i progressi, le spiritualità e i valori, traferiti via via dalla loro forma soggettiva a quella di una vita puramente oggettiva” (G. Simmel, La metropoli e la vita dello spirito, Roma, Armando, 1987, pp. 43-44).
  Il messaggio di riscatto lanciato da Maria Patrizia Allotta intende offrire risposte definitive a una conduzione esistenziale affacciata sull’inquietante mistero della propria destinazione.
   “Tu non tocchi un libro, tocchi un uomo”: con tale precetto il critico statunitense Francis Otto Matthiessen, la cui fama resta legata all’opera American Renaissance(1941), intendeva responsabilizzare il lettore.
   Quel precetto vale anche nel nostro caso.
“Toccare” il libro Anima all’alba significa cogliere la sintesi dell’individualità dell’Autrice e della complessa cultura millenaria che ha dato forma ai suoi pensieri ed alla sua lingua, e le cui invisibili mani hanno concorso alla stesura del testo.
Mi piace adesso esplicitare la ragione per la quale parlo di “seduzione della trascendenza” nel titolo della presente nota.
   Affiora dai versi della silloge la deducibilità di un’idea di trascendenza come suprema espressione di una bellezza che rapisce, e quindi seduce, nell’estasi contemplativa.
   Coniugando “Estasi con bellezza”, come suona il primo verso di Estasi, l’Autrice proietta tale vertiginosa intenzione nella prospettiva di “quel mistero / voluto forse / da celeste Destino”.
Ravviso in tale enunciato, che sottende un concetto trascendentale di Bellezza, l’inveramento, sul piano della creazione poetica, di un tema-cardine dell’estetica teologica di Hans Urs von Balthasar.
   Nella visione di questo grande pensatore svizzero, definito da Pare de Lubac “l’uomo più colto del nostro tempo”, solo l’espressione estetica può rendere accessibile la rivelazione, mentre destinato a fallire sarebbe qualsiasi tentativo di approccio, basato sulle solite categorie conoscitive.
A pretesa di spiegare quell’evento attraverso una qualche elaborazione speculativa “significherebbe riportare la sfera dell’infondatezza translogica del dono personale d’amore (quindi la sfera dello Spirito Santo) alla sfera del logos, inteso come esclusivo intelletto cosmologico-antropologico”.
   E’ “nella figura luminosa del bello” che “l’essere dell’ente diviene visibile come in nessun’altra parte; e per questo un elemento estetico deve essere presente in ogni conoscenza e tendenza spirituale”. E’ quanto può essere verificato nello splendorche, anche per San Tommaso, accompagna il verum.
   La bellezza intesa come manifestazione della verità che Dio partecipa agli uomini “è l’ultima avventura in cui la ragione ragionante può arrischiarsi, ché la bellezza non fa che circondare con un impalpabile splendore il duplice volto della verità e della bontà e la loro indissolubile reciprocità”.
   Queste cose ci dice Hans Urs von Balthasar nella sua poderosa opera Herrlichket. EinetheologischeAesthetik (Gloria. Una estetica teologica, 7 voll., Milano, 1971 e segg.), che, mirando alla fondazione metafisica del discorso teologico, si pone nella prospettiva delle estetiche teologiche elaborate da Ireneo, Agostino, Dionigi, Anselmo, Bonaventura, Dante, Pascal, Giovanni della Croce, Hamann, Soloviev, Hopkins,Péguy.
   Trovo davvero sorprendente la consonanza con i temi portanti della riflessione balthasariana delle intuizioni metafisiche connotanti una poetica che, per Carmelo Fucarino, ruota attorno a una “antitesi esistenziale, in biancore dell’alba, raramente aurora, e l’incombente tenebra notturna che pure si attende con ansia come porto di riposo e di pace”. (Per la poesia di Maria Patrizia Allotta. L’anima di inesauribile, in “Sicilia Umanistica”, anno XXXIII, 2013, p. 6).
   Anche Maria Patrizia Allotta ha voluto, dunque, raccontarsi, come tutte le donne che, raccontandosi, sembrano confermare la “profezia” di  Geltrude Stein: “ci sarà un giorno in cui verrà raccontata la storia di milioni e milioni di donne …. di come sono in sé, nella loro vita” (C’era una volta gli Americani, Torino, Einaudi, 1979, p. 195).




martedì 30 giugno 2015

Allotta e Mauro vincono il Premio "Silva Parthenia"

Maria Patrizia Allotta e Vito Mauro, fra gli altri, sono risultati i vincitori assoluti del Premio “Silva Parthenia 2015” svoltosi, con eccezionale partecipazione di pubblico (oltre trecento persone), domenico 28 giugno 2015 al Reali Cantine Borboniche di Partinico, per l’infaticabile e benemerita cura di Giuseppe Di Trapani, che ha appunto organizzato il I Festival Silva Parthenia, con molti eventi, recital di poesie, musica e perfino una riuscita rappresentazione dell’Opera dei pupi. Allotta è stata premiata per il volume della Limina Mentis di Monza, Nel buio aspettando l’alba… speranza che non muore dedicato con originale stesura tratti dai frammenti fino all’organicità, dai testi del Mosaicosmo di Tommaso Romano. Il Premio a Mauro, invece, è stato assegnato al volume delle nostre edizioni CO.S.MOS. – Comunità Spirituale del Mosaicosmo che, come noto, hanno pubblicato la Biobibliografia di e su Tommaso Romano, curata appunto da Mauro, dal titolo Continuum (2015, con prefazione di Antonino Buttitta). Un vivo ringraziamento di tutta la nostra Comunità agli organizzatori.