mercoledì 5 agosto 2015

Vincenzo Arnone, "Papini... Un uomo infinito" (ed. Messagero)

Di Maria Patrizia Allotta

L’età dei grandi furori\ Come lo scrittor sia giun­to a ritrovar Cristo; Papini postumo. Così si inti­tolano i tre capitoli che uniti insieme, in perfetta armonia, danno vita al saggio Papini un uomo... infinito, dove l’autore Vincenzo Arnone, consegna ad ogni suo possibile lettore non semplicemente la storia ma piuttosto l’esistenza di quel “rospo pen­soso e scontroso” mai stato bambino che col tra­scorrere degli anni diventa vecchio “gigante quasi sconfitto, Sansone privo di forza”. Una voce bassa ma sicura, un tono garbato ma incisivo, una fre­quenza lenta ma ben ritmata, uno stile franco e autentico, accompagnano tutte le pagine di questo libro che costantemente odora di un corpo trasu­dato, turbato, strapazzato, ma al contempo profu­ma di un’ anima inquieta e tormentata, indipenden­te e libera. Un corpo mortificato da altri corpi attra­verso attacchi, critiche, battaglie culturali, giudizi severi; un’anima, eletta da un’altra Anima, che si conforta attraverso la ricerca incessante della veri­tà e la contemplazione dell’Assoluto. Un corpo “finito” che vive in situazioni umane dettate da un tempo inquietato anche dalla guerra e da uno spazio ridotto e circoscritto; un’anima “infinita”, immersa in un mondo profondamente intimo che non conosce confini di nessun genere.
Un corpo con una mente ben strutturata; un’anima con un alito scarcerato. Carne forse straziata, spirito sicuramente eterno. Sono corpo e anima, carne e spi­rito, mente e pensiero, finito e infinito di Giovanni Papini, che Vincenzo Arnone, non aprioristicamente condizionato, analizza con fare scrupoloso e con atteg­giamento paterno, che diviene ora severo ora amoroso, nei confronti di quel figlio di cui molto vuole raccon­tare: dal 1881 al 1956, dalla invissuta fanciullezza alla malata vecchiaia, dalla prima formazione alla lettura dei grandi maestri, dall’adesione al Futurismo al perio­do delle riviste all’era delle grandi opere. E poi, dalle preziose amicizie esaltanti che lo portarono a ritrovar Cristo e una nova vita agli inchiodanti nemici che lo accompagnarono fino alla morte, dal “bordeggiare sull’acque agitate del mare buio” all’apparire “di qual­che luce” fino all’approdo e all’ “abbraccio di tutte le tensioni verso l’Alto e l’Infinito”. E sembra dispiacer­si l’autore quando racconta la nota stroncatura, l’esa­gerata spavalderia, l’ingiustificata arroganza, la folle presunzione, il fare profetico e lo stile radicale e aggressivo del protagonista del suo testo; ma si com­piace, invece, quando narra la salda cultura, la cono­scenza sconfinata, l’entusiasmante audacia e volontà, la perenne forza e l’indiscutibile dignità dell’eroe del suo lavoro. Quella di Vincenzo Arnone non è dunque una generica biografia che mette insieme date ed even­ti, fatti e notizie, non è la somma di vicende e vicissi­tudini di un uomo colto, laico e poi pure cattolico di nome Papini. Ma è di più. È anche, forse soprattutto, l’insegnamento di come un pensatore può diventare “aquila che insegna come si può fissare il fulgore d’id­dio senza restare accecati e come si può dar la scalata al cielo sull’ali della contemplazione”; e ancora, di come un intellettuale può divenire “un maestro di dot­trine volte al miglioramento degli spiriti, un suscitato­re di quelle passioni più alte che sole possono contra­stare e affievolire se non spegnere quell’ altre passioni più comuni, che portano al basso”; e infine che “la vita è gioia e l’infelicità dell’uomo consiste proprio in questo: nella sua incapacità di accorgersi di quanto potrebbe essere felice”se solo riuscisse a convincersi che “soprattutto l’impossibile è credibile.” Papini forse è maestro quasi dimenticato, ma quella sua è sicuramente lezione eterna e per questo infinita. E Vincenzo Arnone tutto questo lo sa e lo racconta.

da:"Spiritualità & Letteratura", anno XX n° 58, maggio-agosto 2006